Brooklyn Bridge Park, lì dove New York sembra non muoversi mai
Quando ho raggiunto il quartiere di Brooklyn con la metropolitana non avevo alcun’aspettativa. Pensavo solo di vedere New York da un’altra prospettiva, il che non mi dispiaceva affatto. Ma faccio un passo indietro, se hai voglia di leggere la mia guida su NY, ti consiglio di leggere Cosa vedere e cosa fare assolutamente a New York.
E così, tra una foto e l’altra, iniziavo a vedere il Brooklyn Bridge sempre più vicino a me, quasi a poterlo toccare con mano. Quando, tutto ad un tratto, non riuscii più a proferir parola: i miei occhi guardavano qualcosa di ultraterreno, magico, idilliaco.
Il Brooklin Bridge Park con una distesa di 34 ettari di felicità tra bambini che si rincorrevano sulle tipiche collinette del parco, una festa di compleanno in stile gipsy, turisti incantati alla ricerca dell’angolazione giusta da fotografare, un matrimonio, un tavolo, una sedia, un sorriso.
Sono troppe le immagini che ho di quel momento, non in foto ma impresse nella mia mente.
Ma ciò che rende unico il Brooklyn Bridge Park è il panorama mozzafiato sulla bellissima Manhattan, il quartiere più a sud di New York.
A dividere Brooklyn da Manhattan c’è il fiume Hudson e ad unirli c’è il famosissimo Ponte di Brooklyn, a cui vorrei dedicare un articolo a parte.
Un parco favoloso, tutto da esplorare, pieno di attività ricreative e sportive. Ma io ho deciso di fermarmi ad ammirare il paesaggio.
Da quella prospettiva, New York e la sua innata frenesia sembrava potersi stoppare. Come quando siamo in riva al mare e vorremmo che la spiaggia fosse solo nostra, senza rumori, senza distorsioni. Solo noi e il rumore delle onde del mare. Quasi a sentire il nostro profondo respiro di leggerezza.
Questa è la stessa sensazione che ho ho avuto al Brooklyn Bridge Park, la mia pellicola in bianco e nero in un mare di colore, la mia sezione di tranquillità in una città tutt’altro che calma, il mio posto preferito in un Paese fatto di turisti in cerca del banale.
Come vi racconto sempre, io amo esplorare luoghi poco turistici perché è come se avessi l’illusione di vederli io per la prima volta. Quest’esclusiva mi rende viva, felice, orgogliosa di aver cercato senza cercare.
Credo di aver passato un’intera mattinata a guardarmi intorno, felice come una bambina davanti all’uovo di Pasqua. Per la prima volta, a New York, sapevo verso quale direzione focalizzare il mio sguardo.
Da quella prospettiva New York sembrava non muoversi, immobile, come un quadro in cerca di attenzioni.
Sembrava tutto così chiaro e limpido quando, ad un certo punto, il mio pensiero è volato a quel lontano 11 settembre.
Idealmente, di fronte a me, avrei avuto le Torri gemelle e probabilmente quel giorno, sulla mia stessa panchina e con i miei stessi occhi sognanti, era seduta una ragazza come me. Ho cercato di immedesimarmi in lei, in quello che ha potuto provare, nelle emozioni idilliache sfumate – in un secondo – dalla tragedia più assoluta.
Ho cercato ma non ci sono riuscita.
Ed è la cosa che più mi ha resa inerme, senza fiato e priva di espressione.
Ed è la stessa cosa che mi ha portata a promettermi di dover risedermi su quella panchina un giorno. Con più maturità, con qualche anno ed esperienza in più ma senza la presunzione di poter andare così a fondo nel mio cuore.
Valentina
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Occhi a cuoricino per me! Ti assicuro che leggerti è stato favoloso!
Lo è stato anche per me scriverlo! 😀