Brasile: verso i confini del mondo | La #Travelintervista di Andrea
Una nuova Travel Intervista ma molto diversa dalle altre. Oggi si vola in Brasile.
Questa è la storia di un ragazzo, Andrea Scarpari, che a 18 anni ha lasciato l’Italia per raggiungere il Sud America. Solo, in compagnia di un bagaglio vuoto ma desideroso di emozioni.
Non è stato un semplice viaggio turistico ma un’avventura durata ben 2 anni. Un’avventura emotiva oltre che territoriale.
Dalle sue parole trapela Maturità, Voglia di vivere e un grande Amore per il suo paese d’origine, l’Italia, che l’ha visto nascere e crescere.
Spesso si parla della, ormai sempre più comune, “fuga di cervelli” ma non siamo soliti soffermarci a leggere tra le righe di un racconto. Un ventenne che lascia il proprio Paese per scoprire cosa c’è oltre l’orizzonte non è solo un ragazzo che ha voglia di fare un viaggio all’estero ma una persona cresciuta con la pressione di una società che attanaglia i talenti privilegiando i mercenari.
Leggete le risposte di Andrea e, molto probabilmente, mi darete ragione!
Presentati!
Ciao a tutti! Ho 23 anni e sono uno studente dell’Università di Bergamo. L’anno scorso mi sono iscritto alla Facoltà di Lingue dopo aver trascorso due anni in Sud America. Dopo aver terminato la maturità sono partito per questa avventura. Come la maggior parte dei ragazzi che se ne vanno all’estero ero davvero molto stufo di vivere in questo paese che non crede nei giovani, che non li vuole aiutare, che non investe nell’istruzione e nella cultura.
Qual è stato il tuo primo viaggio e quanto credi abbia influenzato il tuo modo di essere?
Quando avevo 18 anni ho fatto la mia prima esperienza in Sud America tra Buenos Aires e Montevideo. Ho lavorato per un mese in un centro giovanile aiutando a fare i compiti, a giocare a calcio e a parlare con i ragazzi dei problemi quotidiani. È stata l’esperienza che mi ha cambiato, mi ha fatto cambiare punto di vista arricchendomi interiormente. Un punto di vista più ampio e più critico dal quale osservare e ragionare su quello che gira attorno a noi.
Mi ricordo che quando dissi che ero italiano e parlavo spagnolo vidi molte facce stupite. Fu molto soddisfacente perché ero arrivato da poco e già mi stavo abituando all’accento del posto. Proprio per le mia abilità con la lingua son riuscito a lavorare e a farmi apprezzare meglio dai ragazzi instaurando un grande legame.
Non ero considerato un semplice educatore ma uno di loro, una persona con cui potevano parlare e trovare degli spunti e dei consigli per i loro problemi. Erano ragazzi da 13 a 18 anni come me e la cosa che mi ha colpito di più è stato il grande rapporto che avevo instaurato con questi ragazzi anche se io venivo da tutt’altro contesto sociale. Non venivo discriminato perché venivo dal “primo mondo” ma venivo visto con ammirazione perché venivo da così lontano e stavo fra loro.
Ho imparato l’umiltà, a condividere quello che si ha con chi ne ha di meno o nulla, a far passare il mate (bevanda tradizionale) alla persona che hai a fianco.
Questa è stata l’esperienza che mi ha fatto ritornare due anni più tardi dopo aver finito la scuola.
ALLA SCOPERTA DEL BRASILE
Sappiamo che non è stato un semplice viaggio esplorativo ma quasi un trasferimento temporaneo. Come riuscivi a sostenerti economicamente? E, soprattutto, hai sfruttato questo tuo “trasferimento” per scoprire la terra in cui eri?
Ho lavorato come cameriere in una pizzeria a Buenos Aires e con i soldi risparmiati ho viaggiato per il paese. Facendo autostop e viaggiando da solo. Per buona parte della mia avventura ho avuto la possibilità di conoscere tantissima gente disponibile ad aiutarmi per qualsiasi cosa e gente che, come me, ama questo tipo di avventure facendomi molti amici lungo il cammino.
(Buenos Aires)
Nel mio viaggio ho visitato la Patagonia, il Nord Argentino, le cascate di Iguazu per poi raggiungere Rio De Janeiro, in Brasile, il tutto servendomi di qualche passaggio e di estenuanti viaggi in autobus da 10 ore fino anche a più di 20 ore.
(Purmamarca – Jujuy – Nord dell’Argentina)
(Iruya – Salta – Nord Argentino)
(Lago Puelo – Chubut – Patagonia Argentina)
(Cascate di Iguazu)
(Rio de Janeiro)
Cosa hai scoperto (o riscoperto) durante questo tour?
Vivendo per più di un anno nella caotica Buenos Aires mi ero quasi dimenticato la tranquillità della campagna, il silenzio notturno della provincia di Brescia, dove sono cresciuto. Essendo una metropoli ci sono macchine ovunque, tantissime cose da fare e il tempo vola via velocissimo. Come tutte le grandi città ci sono quartieri sicuri e altri no, bisogna solo prendersi le dovute precauzioni.
È una città che ti lascia una malinconia strana perché a volte non ne puoi più di stare lì, poi quando te ne sei allontanato ti viene la nostalgia di questa città così eccentrica.
È una sensazione strana di confusione, la città è la culla, la rappresentazione concreta del tango che si sente suonare per le strade della città. Nonostante ciò la considero una delle città più belle per la sua multiculturalità, per l’aria cosmopolita che si respira e per il grande movimento culturale presente.
PENSIERI E PAROLE SUL BRASILE
Credo che i turisti e i viaggiatori abbiano due profili differenti. I primi tornano a casa con fotografie e scontrini sparsi, i secondi aggiungono un pezzo in più al puzzle della loro vita.
Cosa è cambiato per te? Cos’hai imparato?
Una delle cose più importanti che ho imparato viaggiando è vivere il momento, dare valore ai piccoli gesti quotidiani, fermarsi a parlare e ad ascoltare le persone che hanno una storia da raccontarti perché ogni momento è buono per imparare nuove cose.
Smetterla di pensare a ciò che potrebbero dire gli altri, smetterla di calcolare ogni singolo spostamento o programmare cose che non si faranno mai, basta egoismi ed egocentrismi.
Le scelte migliori vengono da sé, le scelte migliori si fanno ascoltando il proprio cuore ma per poterlo fare è necessario conoscersi. Conoscersi significa conoscere i propri limiti e io credo che il viaggio sia il metodo più utile per farlo perché ti mette di fronte a ostacoli da superare e tu sei lì, da solo, senza l’aiuto di nessuno.
Ho imparato che i problemi quotidiani delle nostre piccole cose non sono così importanti e gravi come quelli degli altri. I problemi che ci sono in Europa sono dei “problemini” in confronto a quelli che ci sono nel resto del mondo e che soffre l’altra parte della popolazione mondiale.
Hai visto i grattacieli e, allo stesso tempo, la povertà assoluta. Cosa credi ci sia di sbagliato nel mondo?
Forse il sistema di globalizzazione creato dall’Occidente va in qualche modo rivisto: non è giusto che una piccola parte del mondo possa vivere di eccessi e consumi mentre nell’altra parte ci siano ancora persone che muoiono di fame e che non hanno accesso all’acqua potabile. Non è giusto che le multinazionali corrompano i paesi più deboli e fragili per potergli svuotare delle loro ricchezze. I problemi sono fatti per essere risolti, non per piangersi addosso e non fare nulla per trovare una soluzione.
Come sarebbe più semplice vivere se le persone iniziassero a utilizzare di più il buon senso, a discutere, non litigare, ascoltarsi l’un l’altro per trovare una soluzione invece di costruire muri ideologici per poi ritornare punto a capo e con idee sempre più distanti. Siamo in una situazione in cui è fondamentale un cambiamento ma che sia un cambiamento per davvero.
Sei tornato in Italia, nella Brescia che ti ha visto crescere. Perché?
Prima della mia scelta ero indeciso se studiare là o qua ma alla fine sono ritornato nel mio paese perché è quello che amo anche se lo critico spesso e volentieri. Forse è proprio l’orgoglio per la mia nazione che mi ha fatto tornare perché sono convinto che la mia patria non sia fatta solo da bunga-bunga, mafia e pizza, perché sono convinto che l’Italia abbia bisogna di una scossa, di un cambiamento vero non di continue promesse che sistematicamente non vengono mantenute. Mi sembra logico che un paese che presenti personaggi alquanto discutibili e pluricondannati in Parlamento abbia poca credibilità internazionale. Ho deciso di studiare in Italia perché credo che l’offerta formativa e la professionalità dei docenti italiani sia una delle migliori e più complete anche se purtroppo, negli ultimi anni, le riforme stanno cercando di snaturare tutto.
Sei tornato con un bagaglio pieno di esperienze. Che altro hai portato con te?
Sono ritornato in Italia senza un soldo perché li ho spesi tutti nei miei viaggi ma posso dire che parlo molto bene lo spagnolo e il portoghese, ho visto paesaggi mozzafiato, ho lavorato, ho avuto la possibilità di stringere forti legami d’amicizia, ho fatto molta esperienza che mi ha formato come persona e uomo. Avevo scelto di fare questa esperienza all’estero anche perché ero ancora indeciso sul mio futuro. Perciò, scelsi di fare un’esperienza nel paese che mi appassionava e m’interessava di più. Sin da adolescente l’idea di conoscere il Sud America, con i suoi paesaggi naturali da togliere il fiato, le spiagge paradisiache e la sua giovane ma movimentata storia, mi entusiasmava tantissimo.
Il ritorno al “primo mondo” è stato tutto sommato positivo avendo trovato la mia strada per il futuro. Ammetto che mi manca molto il Sud America, gli amici che ho lasciato ma che prossimamente rincontrerò.
Sinceramente sono rimasto sorpreso frequentando l’università perché ho realizzato di aver scelto veramente quello che mi piace e voglio studiare e ne sono molto contento.
I tuoi cari come hanno preso la tua voglia di partire? Ti hanno sostenuto moralmente o – magari – anche finanziariamente?
Ho avuto la fortuna di poter realizzare il mio sogno viaggiando per quel continente ma tutto ciò lo devo ai miei splendidi genitori e alla mia famiglia che mi hanno aiutato e supportato nelle mie scelte. E li ringrazio tanto.
Senza il sostegno dei miei genitori e l’aiuto della gente sincera incontrata durante il percorso, a cui dedico queste parole, non sarebbe stato possibile.
Vuoi spendere qualche parola di speranza per chi, alla tua età, non ha ancora trovato il proprio posto nel mondo. Che consigli senti di dare?
Credo che le cose devono e possono cambiare in meglio. Per incoraggiare i ragazzi che hanno una mezza idea di fare un’esperienza all’estero, vorrei consigliare loro di farlo!
Perché è necessario un cambiamento. Perché NOI giovani siamo il futuro e abbiamo il dovere di sistemare le ingiustizie del nostro Paese.
Grazie mille ad Andrea per averci raccontato una parte di se. Perché i viaggi costruiscono la nostra anima.
Vi aspetto tutti su Facebook,
Valentina
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Questa è una di quelle storie che DEVONO essere raccontate al mondo intero. Complimenti per il coraggio, Andrea, e complimenti a Valentina per avere avuto la sensibilità giusta nel fare le domande.
Concordo con te! Grazie mille, Susanna!
Che esperienza incredibile e…che foto! Complimenti!
Vero…Andrea ha vissuto delle esperienze bellissime!
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